Alex English, testimonial contro il “Cyberbullismo”

29.05.2015 19:16

 

“Chi di voi naviga in internet?”.

La domanda è formulata dall’ex Campione di NBA Alex English, alla giovanissima platea dell’Oratorio della Chiesa S. Cosma e Damiano del Sacerdote Don Vincenzo D’Antico, che ieri ha ospitato l’evento, organizzato dall’Associazione Larsec. Erano presenti anche degli alunni della Tito Lucrezio Caro che giocano nella squadra Under 14 del Centro Sportivo Secondigliano, società di pallacanestro del nostro quartiere che fa il campionato di serie D.

Alla domanda di English, quasi tutte le mani si alzano  timidamente, come se non si volessero ammettere le molteplici ore passate davanti un computer o con uno smartphone in mano.E’ un fenomeno in crescita, quello del “Cyberbullismo” tra i giovani, come se non bastasse il “bullismo” normale.

Tormentare le persone per il loro colore della pelle, per la loro religione o semplicemente perché magari non piace il colore dello smalto o un paio di scarpe, con offese che navigano sul filo della rete, senza avere il coraggio di esporsi, ma nascondersi subdolamente, è il fenomeno del cyberbullismo” . Dice English, e va combattuto - prosegue - “ prima di tutto ignorando chi ci tormenta e parlandone con un adulto: un insegnante, un genitore, un allenatore o nel caso dell’ oratorio, al parroco”.

L’ex campione NBA, ora sessantunenne, ricorda ai ragazzi come il basket lo abbia allontanato dai pericoli della strada.

Sono cresciuto in una famiglia di 15 persone, ed abitavamo tutti in tre camere, con la nonna che si prendeva cura di noi. Mangiare e vestirsi era un problema.Ho iniziato con il football, ma ero uno spilungone senza forza, per cui mi cacciarono dalla squadra.

Decisi allora di allenarmi tanto, per riuscire a diventare più forte, e ci riuscii, facendo tanti sacrifici. Cambiai sport e mi dedicai al basket, anche lì ho avuto degli inizi difficili, ma sempre grazie alla mia grande forza di volontà sono migliorato e sono entrato a far parte dell’NBA, vi ho giocato per 15 anni, ho giocato anche per un breve periodo al NAPOLI BASKET, ai tempi d’oro della pallacanestro a Napoli e per questo che sono felice di essere qui.”

Tra in ragazzi, in platea , c’è tanta ammirazione per questo “grande uomo”, ma aspettano di giocare con lui, scambiare qualche passaggio, palleggiare al suo fianco.

“ Ho ricevuto nella mia carriera tante onorificenze e premi ma la cosa più importante che il basket mi ha dato è la possibilità, attraverso una borsa di studio, di laurearmi all’Università, di studiare, quindi è importante studiare, ragazzi. Attraverso il basket ho avuto la possibilità di viaggiare tanto e di accrescere, così, anche la mia cultura.”

A chi gli domanda, che cosa sia stato il basket per lui, risponde che giocare a basket è una forma d’arte, non si è mai accontentato di essere uno qualunque, lui voleva essere l’artista più importante, lo “Chagall del Basket”.

“Avete mai visto una partita di NBA? Non ci sono due giocatori uguali.”

E conclude dicendo che la creatività del gioco, è molto importante nel basket americano.L’incontro termina, invitando i giovani atleti a giocare un po’ con lui, portandosi nel campetto esterno all’Oratorio, e lì dopo aver dimostrato “la posizione fondamentale del basket” e “la difesa”, sottolinea ancora l'importanza dello sport nella vita dei ragazzi e dispiaciuto per non poter rimanere con loro più tempo, è andato via.

Antonio Verrone        inviato del carogiornalinonline

 

 

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