Il dramma dei migranti visto attraverso gli occhi dei ragazzi.

06.05.2015 15:27

Nella nostra 3^ G abbiamo riflettuto su uno degli ultimi drammi dei migranti partendo dall’ascolto della preghiera laica “Mare nostro” di Erri De Luca e del brano musicale “In viaggio” di Fiorella Mannoia.
 
I ragazzi hanno partecipato all’evento con emozione e sensibilità, “sentendo” realmente il dolore e il dramma vissuto da queste persone e, in un compito in classe in cui si chiedeva la stesura di pagine di diario, si sono immedesimati in giovani migranti e ne hanno immaginato il loro viaggio disperato verso “la speranza”.
 
Sono stati prodotti degli elaborati che sono risultati tutti molto belli e ricchi di contenuto. Ho pensato di sceglierne qualcuno che mi fa piacere condividere con i nostri lettori. Vi propongo, pertanto, “i diari di Karim” scritto da Gaetano Maglione, quello “di Francois” scritto da Luca Carotenuto, quello “di Mohamed” scritto da Azzurra Guadagno e quello di “Neughesha” scritto da Greta D’Errico.
                                                                                                                                             Prof. Anna Baldissara
 
 
 
 
 
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DIARIO DI UN MIGRANTE

 
 
Lampedusa, 20/04/2015
Caro diario,
 
oggi sono arrivato a Lampedusa, una piccola città dello Stato italiano.
 
Ho dovuto attraversare il Mediterraneo, ma ce l’ho fatta, ho raggiunto la libertà. Sono scappato dall’oppressione del mio Paese. È stato difficile, noi tutti, sulla barca, abbiamo vissuto attimi di terrore.
 
Eravamo all’incirca in seicento su quel barcone ricco di speranze e di sogni. All’arrivo in Italia, non eravamo neanche in venti. Ho visto la morte di centinaia di persone. 
 
Eravamo in troppi. Troppe persone che hanno fatto ribaltare quel barcone che poteva contenerne solo duecento. 
 
Centinaia di uomini, donne e bambini adesso, giacciono sui fondali di quel mare, ormai non più limpido come prima. 
 
Tra tutti quei corpi, anche quello di mio fratello. Aveva solo cinque anni, ancora troppo giovane per assaggiare l’amaro sapore della morte. Il suo corpo, adesso, riposa disteso su quel fondale assieme a quello di tanti altri. 
 
Ricordo ancora le urla di quelle persone che, come me, cercavano di scappare dalla dittatura del nostro Paese, che, ancora pochi giorni, sarebbe crollato in miseria. 
 
Mancava poco, lo scafista, diceva, che mancava poco. Ma quel poco non è bastato per arrivare tutti sani e salvi. A volte la vita può cambiare in pochi istanti. Un attimo prima eravamo tutti tranquilli in attesa di arrivare in Italia e un attimo dopo si sentivano le urla delle persone poiché il barcone iniziò a muoversi e un istante dopo ancora, della barca nemmeno più l’ombra. Le navi della guardia costiera arrivarono; gli uomini a bordo videro centinaia di corpi galleggiare senza vita. Mi sorpassarono, senza però offrirmi aiuto, poiché pensavano che anch’io avessi perso la vita. Così iniziai ad urlare, mi udirono e quando mi portarono sulla loro nave, svenni poiché, ormai, allo stremo delle mie forze.
 
Al mio risveglio, poche ore dopo, mi trovavo in una piccola stanza, sdraiato su di un  letto, con attaccati dei tubicini al naso e alle braccia. Li staccai, mi alzai ed uscii all’esterno. All’uscita, mi accolse un’alba chiara di colore arancione, e dei magnifici gabbiani, sembravano inneggiare un canto. 
 
Ed è oggi che inizia per me una nuova vita. Ed è per questo che getterò questo diario in mare, in modo che chiunque trovi questo testo, possa raccontare la vera storia di Karim, un immigrato in Italia alla ricerca di una speranza: la speranza di una vita migliore.
Karim
(Gaetano Maglione 3G)
 
 
 
 
 
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Lampedusa, 27/04/2015
Caro diario,
eravamo tutti pronti, i nostri occhi erano colmi di speranza davanti a quelle gremite imbarcazioni e a quelle onde che prima si alzavano per poi riabbassarsi a tappeto. Eravamo tutti li, centinaia e centinaia di persone scappate dai nostri paesi d’origine. Attendevamo il via per poterci imbarcare, sino a quando dalla parte più alta della nave si sentì un acuto: ”Salite Negri“. 
 
Quelle imbarcazioni ci venivano descritte come mezzo di salvezza, mezzo che ci avrebbe dato la libertà. Io ero da solo; ma su quella nave  salivano donne e bambini di tutte le età. Avevo deciso di salire su quella barca perché ero stanco, stanco delle violenze e delle persecuzioni a cui la mia gente era soggetta; tutti i miei amici erano partiti sulla nave di domenica 19 aprile, non vedevo l’ora di poterli riabbracciare e di festeggiare insieme la nostra salvezza; ma quando la mia nave partì la speranza di tutti noi scompariva sempre di più: le onde erano altissime e sembrava che quella vecchia imbarcazione non reggesse la violenza con coi queste ultime si abbattevano su di essa. Dopo circa un giorno di pianti e di urla disperate, lo scafista ci disse che  mancavano poche ore al termine del, se così si può definire, viaggio. Eravamo salvi, salvi dalle agonie dei nostri paesi, ma soprattutto da quella nave che tutto sembrava tranne che un mezzo di salvezza. I nostri occhi erano colmi di gioia alla vista di quella splendida costa. 
 
Subito delle barche vennero in  nostro soccorso e, arrivati sulla terraferma, venimmo accolti con coperte ed altro. Venimmo interrogati e posti in centri di accoglienza. 
 
Non vedevo l’ora di incontrare Alì, e così iniziai a chiedere quale fosse il luogo in cui erano stati accolti i naufraghi di domenica 19 aprile e, a quel punto, la  mia gioia si fermò in un istante. Quella nave era affondata e i sopravvissuti erano pochissimi. 
 
Per la prima volta nella mia vita provai un sentimento strano: ero felice, non riuscivo a credere di essere salvo; ma da un lato ero sconvolto, sconvolto dalla morte Alì. Insieme avevamo vissuto avventure di ogni tipo ed ora lui non c’era più, era morto a causa di quella nave. 
 
Nonostante il mio pessimo stato, dopo vari accertamenti, mi dissero che stavo bene e che a breve sarei stato trasferito da Lampedusa in un altro paese sulla cosa italiana. In tutto questo tempo non avevo, però, pensato a cosa volessi fare in futuro; decisi allora di recarmi a Napoli, dove Alì aveva delle conoscenze e lì avrei potuto sistemarmi e iniziare una nuova vita. 
 
Ora devo imbarcarmi per Napoli, sperando che il viaggio sia migliore del precedente e, quindi, caro diario, ti saluto. Ti scriverò domani per  raccontarti tutto.
Francois
(Luca Carotenuto 3G)
 
 
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Lampedusa, 20/04/2015
Caro diario,
 
finalmente, dopo un lungo ed estenuante viaggio via mare, sono sbarcato sulle coste italiane. Sono a Lampedusa. 
 
Mi hanno fatto tanti esami, mi hanno dato tanti farmaci per curarmi. Il mio viaggio è stato davvero difficile e complicato. Il “barcone” su cui mi trovavo, insieme ad altre settecento persone, si è capovolto  ed io sono stato uno dei pochi che è riuscito a chiamare soccorsi. Scappo dalla guerra con il sogno di arrivare in Italia. Dei pescatori, davvero molto gentili e simpatici mi hanno portato sulle coste italiane. Anche se non capivo molto bene la lingua, mi hanno detto che mi avrebbero aiutato nel migliore dei modi. 
 
Sono scappato dal mio Paese, perché volevano uccidermi e violentarmi. Altre persone che conoscevo sono state fucilate lì, nel paese più ”cattivo” e difficile al mondo. C’era la guerra: sul barcone sono morte circa seicentoventi persone, tra cui dei miei parenti che, come me, stavano cercando di arrivare in Italia alla ricerca di un futuro migliore, oppure per lavorare e poi mandare soldi ai propri familiari. Il viaggio è durato tre giorni ed una volta arrivati in Sicilia ci hanno accolto in un centro, dove ci hanno dato delle coperte per scaldarci, dell' acqua e del cibo per nutrirci. Ci hanno dato farmaci, ma questo non durerà molto. Quando guariremo ci manderanno via per dare posto ad altri, che, come me, vorrebbero vivere in un paese onesto.
 
Mohamed
                                                                                                                                                        
 
     21/04/2015
Ciò che mi aspettavo è successo per davvero. Sono ormai guarito e sto molto meglio, per questo ho deciso di lasciare il centro di accoglienza, per dare posto a molte altre persone che ne hanno bisogno. 
 
Ora ho preparato "la mia valigia". In una busta ho messo una maglia ed un pantalone, che mi hanno dato al centro, con cui posso cambiarmi. Ora sto andando da una ragazza, che guida tutte le persone all'interno del centro, per chiederle come si fa ad ottenere il permesso di soggiorno. Finalmente dopo cinque estenuanti ore sono riuscito ad ottenere ciò che volevo! Informazioni preziose per ottenere il permesso di soggiorno! Ora non mi resta che andare a cercare un luogo in cui poter dormire per almeno una notte, gratuitamente. E' ormai sera e non ho trovato un posto per dormire, solo un vecchio materasso  sporco e puzzolente per strada. Non mi resta che dormire qui ed aspettare domani mattina  per andare a cercare lavoro ed altro cibo. 
 
Mohamed
 
                                                                                                                                                                      22/04/2015
Questa notte è stata una delle peggiori che io abbia vissuto sulla mia pelle. Quel materasso era davvero sporchissimo. Finalmente, un signore, che ho conosciuto in salumeria, mi ha pagato un panino e mi ha detto che gli servirebbe un badante per la madre, che, povera anziana, sta poco bene. Da oggi mi ospiterà nella sua villa gigantesca, con ben dodici camere da letto! Lì, di sicuro, starò meglio e dormirò sogni tranquilli. 
 
E' arrivata ora di cena e, in questo momento, dovrei essere felice, perché ho una casa in cui dormire e mangiare ed un lavoro, ma, in realtà, sono molto triste, perché sto pensando a tutti i miei parenti, che purtroppo sono morti. Sono molto triste. Ho appena terminato la cena ed ora sono nel letto per cercare di dormire tranquillamente. 
Caro diario ti scriverò domani, quando ne avrò tempo.
 
Mohamed
                                                                                                                                                                      24/04/2015
 
Caro diario,
Scusami ma ieri non ho avuto tempo per scriverti. Sono stato impegnato tutto il giorno per aiutare la signora Francesca a cucinare. Le ho cucinato tanti piatti tipici del mio Paese. Sono molto felice di come mi hanno accolto queste persone, sono calorose, ma soprattutto sanno cucinare molto bene. Hanno cucinato con molta cura l'arancino siciliano. Davvero squisito! 
 
Spero che in futuro potrò riuscire ad aiutare molte persone, proprio come hanno fatto loro con me. Mi piacerebbe tanto rendere migliore la società e poter spedire tanti soldi alla mia adorata moglie e a mia figlia, che in futuro vorrebbero venire anche loro in Italia, per vivere meglio. Magari sarà più facile per loro, partire con l'aereo, così arriveranno prima, senza nessun ostacolo. 
 
Caro diario, vorrei continuare a scriverti ma non posso. Ti scriverò nei prossimi giorni.
 
Ciao!
Mohamed
(Azzurra Guadagno 3G).
 
 
 
 
 
 
 
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23/04/2015
Caro diario,
oggi è il gran giorno perché, se tutto mi va bene, dovrei scappare da questa guerra e finalmente approdare  sulle coste italiane. Prendo le ultime cose che mi rimangono, una foto vecchia di mia madre, un portafoglio di cuoio cucito a mano con dentro i pochi soldi che mi rimangono e chiudo il tutto in una borsa. Saluto  i miei compagni e faccio una piccola preghiera affinché Dio mi possa  guidare in questo viaggio. A questo punto, mi dirigo al porto con un vecchio autobus non funzionante e sento ancora nelle mie orecchie i suoni assordanti delle bombe e ricordo tutte le scene  oscure che ho visto finor: mamme che piangono i bambini morti oppure mogli disperate per la morte dei propri mariti, centinaia di persone morte immerse in un mare di sangue e corpi ormai senza speranza di vita gettati in mare.
 
Arrivo al porto e vedo tante mamme che mandano i figli più piccoli da soli ,nella speranza, che, almeno loro, si possano salvare. Provo tanta rabbia e tristezza poiché mia madre non c'è, perché l'ho persa durante questa schifosa guerra.  Decido di salire e mi siedo o, almeno, cerco di accovacciarmi nella parte centrale della barca, siamo all'incirca 300. Questa volta mi è andata bene poiché le altre volte si è parlato di addirittura 900 persone e, quindi, già ho una speranza in più per riuscire a salvarmi. Ecco, sono, almeno come mi dicono, le 9.05 di giovedì 23 aprile e già siamo in viaggio da dieci minuti. Finora tutto tranquillo, il peso della barca è abbastanza equilibrato ed io cerco di chiudere gli occhi per qualche istante e  stare  un po' tranquilla. Al mio risveglio, noto in tutti uno sguardo di terrore e paura e mi accorgo che ci stiamo imbattendo in una tempesta di mare e, inoltre, il cielo ci sta "omaggiando" di fulmini e tuoni che mi ricordano tanto i rumori delle bombe. Cerco di non pensarci; ma mi sembra quasi impossibile, allora decido nuovamente di pregare e di dare un sorriso di conforto ai più piccini. Sono attimi di paura, di terrore, di rabbia e di scoraggiamento  perché penso che ormai la mia vita sia finita. Pochi attimi dopo  la tempesta aumenta e i boati dei tuoni sono molto forti, la barca inizia a barcollare e io ho il cuore in gola dalla paura e tremo come fossi uscita da un congelatore. 
 
24/04/2015
 
E' passato ormai un giorno da quando siamo in viaggio e pare che l’Italia sia ancora lontana, da come mi dicono. Il mare fortunatamente si è calmato, anche se è ancora agitato. Intanto stringo tra le mani la foto di mia madre e la bacio in cerca di protezione e di fortuna e mi metto a guardare il mare che mi circonda e decido nuovamente di dormire. Stavolta non sono riuscita a dormire poiché il rumore del mare è alquanto  fastidioso e  suscita in me molta, ma molta paura, infatti ci sono dei grossi cavalloni che sono in arrivo verso di noi e ormai penso che la mia vita sia nelle mani dell’acqua. Invece anche stavolta riesco a salvarmi, però purtroppo molti non sono riusciti a salvarsi e siamo sopravvissuti in 100. 
 
Da lontano, inizio a vedere finalmente un pezzo di terra e in questo momento gridiamo e piangiamo di felicità. La salvezza è vicina. 
 
 
26/04/2015
 
Dopo due giorni siamo approdati in Italia, precisamente a Lampedusa, dove ci danno subito delle coperte che puzzano e ci  portano nei centri di controllo.   Fortunatamente ho il mio documento qui con me e dico subito il mio nome, un po’ impaurita: “Mi chiamo Neughesha e ho 15 anni. Sono appena  approdata e sono in cerca di salvezza”.
 
Mi forniscono degli abiti nuovi e mi dicono che dagli accertamenti sanitari risultava che  stavo bene. Vedo  da lontano arrivare una signora che mi ricorda mia madre dal tono di voce,  pronuncia il mio nome ad alta voce come se già mi conoscesse. Decido di avvicinarmi e lei molto felice mi abbraccia e dice:  “Sono io la tua salvezza”. A  queste parole rimango titubante e infatti mi spiegano che quella donna si chiama Rhianna ed ha avuto la mia stessa sorte, infatti è in Italia ormai da 10 anni ed è scappata dalla guerra.
 
Per questo motivo decide di adottarmi e prendersi cura di me portandomi a casa sua. 
 
Lei abita a Roma, ha cinque figli ed ha un marito. Con lei mi dirigo in macchina. Mi dice che ci aspettavano ancora cinque ore di viaggio. Finalmente so che sono salva e con questa seconda madre, so di essere al sicuro. Infatti penso che il mio futuro sia ricco di cose positive e che un domani possa essere anche io di aiuto per i profughi.
 
Con questo ti saluto, mio caro diario.
 
Con affetto                                                             
Neughesha
(Greta D’Errico).
 

 

 

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